DreamVideo è un digital magazine mensile con focus specifico sulla produzione e post-produzione video, rivolto a videomaker e filmmaker, che siano professionisti o semplici appassionati.    |     Anno XIV nr.168-2024    |     ISSN 2421-2253

Le ottiche a Zomm per la TV (2)

 

La maggior parte delle telecamere amatoriali oggi possiede un dispositivo di messa a fuoco automatica detto "Autofocus - AF".

Nelle macchine fotografiche e nelle telecamere amatoriali vengono usati due sistemi diversi di autofocus:

  1. Il sistema della triangolazione
  2. Il sistema di rilevazione del "più nitido"

Il sistema di triangolazione è una forma automatica di definizione di range (limiti). Due lenti (la lente di base e la lente di riferimento) vengono posizionate a una certa distanza (lunghezza di base) e l'immagine formata da esse viene mossa sino a che le due immagini si sovrappongono precisamente (in pratica è un telemetro). La distanza del soggetto è quindi determinata dall'angolo tra i due assi tra le due lenti (nel telemetro è la stessa cosa ovvero su una base nota l'angolo formato dal sovrapporsi delle immagini fornisce la distanza del soggetto). Questo sistema a telemetro è tuttora utilizzato per esempio nell'artiglieria da campagna per misurare distanze di tiro o nella celerimensura.

Il sistema del "più nitido" è basato invece sul rilevamento della situazione nella quale l'obbiettivo in una data posizione fornisce l'immagine più nitida. Negli obbiettivi a zoom usati per le telecamere broadcast il cerchio di confusione ammissibile deve necessariamente essere più piccolo che non nelle telecamere amatoriali (ricordate che si parla di misure di diametri di cerchio di confusione ammissibile nell'ordine di millesimi di millimetro). A causa della limitata lunghezza della base di rilevazione (ricordarsi il telemetro e i suoi due lunghi bracci in confronto al diametro di un'ottica o alla larghezza frontale di una telecamera) il sistema a triangolazione risulta non sufficientemente accurato. Esiste in questo caso anche il problema del parallasse in quanto il sistema ottico che misura la distanza si trova su un asse diverso dell'ottica che costruisce l'immagine. Più vicino è il soggetto e maggiore sarà l'errore di parallasse. In teoria e purtroppo un sistema a triangolazione misura più accuratamente cose distanti che non cose vicine, cose che probabilmente richiederebbero una maggiore accuratezza di misurazione.

Per soddisfare le esigenze degli zoom progettati per il broadcast Canon ha sviluppato un sistema di autofocus attraverso la lente stessa che effettua la ripresa . Il sistema è chiamato TTL-AF. Questo sistema a livello di prototipo fu dimostrato nel 1980 su un obbiettivo a zoom broadcast all'esposizione IBE e al NAB del 1981. Con questo sistema un raggio infrarosso viene proiettato in avanti dal di dentro della lente di ripresa e verso il soggetto e la sua riflessione è rilevata. Il fuoco viene raggiunto quando il centro del raggio infrarosso riflesso cade sull'asse ottico dell'ottica. Non esiste in questo caso errore di parallasse e il sistema raggiunge una elevata accuratezza in quanto lavora senza errori di rilevazione.

La luce infrarossa viene proiettata e ricevuta da uno specchio a infrarossi posizionato dietro la lente di focalizzazione. Quando l'obbiettivo è messo a fuoco correttamente la luce riflessa dal soggetto torna a uno spot di nitidezza al centro dell'asse ottico del sensore di luce. Se il fuoco è corto o troppo lungo l'immagine che si forma sullo spot è fuori fuoco e si muove nella direzione opposta. La direzione in cui si muove la lente di messa a fuoco e le condizioni del fuoco possono essere rilevate determinando la direzione del movimento del centro dello spot sulla superficie del sensore di luce. La distanza di misura del percorso ottico è separata dietro la lente di messa a fuoco , lo zoommare e l'apertura del diaframma non intervengono quindi nella misurazione. L'autofocus viene sempre eseguito con la più stretta tolleranza possibile come se si fosse sempre a massima lunghezza focale e con diaframma tutto aperto (minima profondità di campo).

Sebbene questo sistema di autofocus funzioni e fornisca prestazioni soddisfacenti, le ottiche a autofocus non vengono normalmente utilizzate nel broadcast e questo per una serie di ragioni.

La ragione principale è che l'ottica, già complessa di suo , diventa ancora più complessa. Nel broadcast, ovvero nel mondo della professione e non solo televisiva, contrariamente a quanto accade nell'amatoriale, si dà molta più importanza all'affidabilità dei sistemi che si utilizzano che non alla sofisticazione fine a sé stessa. È noto che più i sistemi sono complessi e più hanno probabilità di avere problemi. Avere problemi su un'ottica significa perdere l'uso della telecamera!

Un sistema di autofocus richiede comunque alimentazione in energia elettrica. L'energia elettrica che viene fornita a una telecamera e alla sua ottica (anche l'ottica richiede normalmente alimentazione a meno che sia del tutto manuale) deve essere la minima indispensabile per farla funzionare. Ne sanno qualcosa gli operatori ENG (gli operatori che fanno giornalismo e reportage ad esempio) ovvero quanto siano preziose le batterie di alimentazione della telecamera e il fatto che la camera + ottica consumi il meno possibile per farle durare il più a lungo possibile. L'ottica risulterebbe comunque in ogni caso più ingombrante e pesante.

Altra ragione per la quale l'autofocus non viene utilizzato nel broadcast è che si preferisce decidere in quale parte dell'immagine fare il fuoco, ovvero non sempre il soggetto in primo piano e al centro dell'inquadratura deve essere a fuoco (quello che probabilmente rifletterebbe il raggio infrarosso di cui sopra). Un cameraman desidera decidere lui quale sia il fuoco migliore in funzione della ripresa che sta effettuando, dell'inquadratura e composizione dell'immagine anche se questo richiede una costante attenzione (pensate a una veloce partita di pallacanestro ripresa da una camera centrale a circa 50 metri da uno dei due canestri e che inquadra in campo stretto il giocatore che va a canestro probabilmente con un'ottica 9 x 50 che in quel momento utilizza una focale di circa 350/400 mm.(2/3"). Il tutto velocemente venendo da una condizione di inquadratura e fuoco diversi e sovente con scarsa illuminazione (normalmente non più di F.4) il che fornisce una profondità di campo di non più di 40/50 cm. Sicuramente deve essere un cameraman esperto per fornire questa immagine a fuoco ma i cameraman che lavorano nel broadcast e "in diretta" possiedono queste capacità e sono doti che non si improvvisano. Forse con un autofocus questa immagine del giocatore di pallacanestro non risulterebbe a fuoco in quanto  l'automatismo non sarebbe in grado di essere così veloce e accurato e sarebbe influenzato oltretutto da riflessioni indesiderate. Durante le riprese sportive di azioni veloci, in esterni ma anche in interni, in condizioni di luce imprevedibili, con avvenimenti casuali nel campo di ripresa (pensate alla Formula 1) avere un'ottica autofocus su una camera broadcast sarebbe impensabile. Meglio avere un cameraman esperto e un'ottica "veloce".

Altra ragione per la quale le ottiche autofocus vengono trascurate dal mondo della professione televisiva è il costo maggiore che non è compensato dai benefici che potrebbero derivarne. Pensate ad esempio, che sebbene esistano sistemi di servo-focus ovvero sistemi per il remotaggio servo assistito della messa a fuoco dell'ottica per mezzo di servocomandi elettrici e relativi motori, la maggior parte dei cameraman preferisce un controllo manuale e meccanico della messa a fuoco quando è indispensabile remotare la messa a fuoco ovvero quando l'operazione di focalizzazione non viene fatta direttamente sulla ghiera dell'ottica, remotaggio indispensabile ad esempio nel caso di  una configurazione di camera/ottica da studio e non ENG spalleggiata (reportage). In questo caso la ghiera di messa a fuoco o la camme di messa a fuoco per le camere/ottiche da studio viene accoppiata meccanicamente con cavi flessibili detti "Bauden" a una manopola montata sui bracci di controllo di pan e tilt della testa del cavalletto della camera. Il cameraman "vuole sentire il fuoco" senza l'interposizione di servo sistemi... e vi assicuro che ha ragione lui.

Dovete anche pensare che la gestione del fuoco può diventare talmente critica o dedicata da richiedere ad esempio per le riprese di fiction una persona che esegue solo la messa a fuoco che sovente varia durante la ripresa in funzione del movimento dei soggetti a ripresa, posizione della camera in movimento, cambiamenti di luce o focale.  In questi casi il comando del fuoco viene remotato anche a distanza e via radio e l'addetto al fuoco può memorizzare focalizzazioni sia in modo meccanico che elettronico. Stessa cosa dicasi per la gestione del diaframma. La focale dello zoom (se si utilizza uno zoom) normalmente è lasciata all'operatore alla camera. Quindi 3 persone per controllare un'ottica, l'operatore che esegue l'inquadratura e muove la focale se necessario, un "follow focus" ovvero una persona addetta solo ai fuochi e un "follow iris" ovvero una persona che si occupa solo dei diaframmi (questo nel caso in cui la cosa non venga fatta dall'addetto al "controllo camere" di sistema con RCP ecc. con camera connessa con cavo triax o multicore). Cosa ce ne facciamo in questo caso di un'ottica autofocus? Diventa solo un'impiccio.

Lasciamo quindi l'autofocus all'amatoriale ovvero a coloro che con la telecamera giustamente si divertono e desiderano che le loro immagini siano nella maggior parte dei casi sempre a fuoco indifferentemente da cosa e come stanno riprendendo. Un gadget attraente e utile per chi non fa del realizzare immagini il proprio lavoro ma solo una fonte di piacere e passatempo.

 
Autore: Rolando Pellacani
 
 
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