Stando a quello che si legge in giro, Youtube è il modo più naturale per guadagnare per una persona che si affaccia al mondo del video. Sulla stampa tradizionale o sui servizi televisivi che cercano di darsi un'aria innovativa intercettando i fenomeni di tendenza, sembra che il giochetto sia fin troppo facile: ci si iscrive, si pubblica, si viene visti da milioni di persone e si ricevono i proventi delle inserzioni. In realtà, premesso che manca un passaggio, ovvero ricevere la partnership, che non è di per sé un'operazione scontata, la sequenza di eventi è vera, come quella del ventenne che arriva a Roma per iscriversi alla Scuola Nazionale di Cinema per diventare un grande attore o regista, ma finisce a 40 anni in un appartamento periferico condiviso con gente che nemmeno conosce e tirando avanti con la paghetta che gli passano i genitori.
Ve lo dico numeri alla mano perché, nonostante Google mi vieti di rivelare i guadagni, con 150 mila visualizzazioni totali che, credetemi, sono alla portata di meno dell'1% di quelli che aprono un canale in Italia, ho incassato 60 dollari, quindi, dovessi campare di quello o anche solo considerarlo un secondo reddito, oggi vivrei sotto un ponte.
Il mondo della stampa è così: ad inizio millennio, poco prima del boom di internet 2.0, ebbe una notevole ribalta mediatica l'argomento “street TV”. In pratica uno prendeva un antennone abusivo, lo piazzava su un'altura, oscurava il segnale dei canali tradizionali e, all'interno di un quartiere, se lo spettatore risintonizzava il televisore, poteva vedere per qualche ora al giorno le trasmissioni irradiate da questo hacker analogico. Pagine e pagine di inchiostro per un fenomeno che ha interessato mille persone al massimo, 4 anni prima di Youtube che, lo ricordo, permette a chiunque di caricare un video gratuitamente e renderlo fruibile ad ognuno dei miliardi di utenti collegati in rete, senza bisogno di antennoni.
Tutte cose che dico non per sentito dire, ma perché sono una vittima di una società che va a due velocità: da una parte quella tradizionale, che perde giorni sull'interpretazione di una parola detta da un politico, dall'altra quella che sta venendo avanti, che è strettamente legata ad internet e dove vige una regola sconosciuta ai salotti televisivi: il pragmatismo.
Dopo aver compreso, numeri alla mano, che Youtube non mi avrebbe portato da nessuna parte, ho cominciato a guardare le cose da una prospettiva diversa. Una decina d'anni fa, come secondo lavoro, accanto agli ultimi scampoli della mia attività di cortometraggista, producevo spot per schermi giganti che venivano messi in luoghi di forte passaggio di persone, tendenzialmente centri commerciali. Era già il periodo della riduzione dei guadagni, quindi si lavorava sempre di più e si prendeva sempre di meno, vista l'estrema concorrenza e la frammentazione dell'offerta pubblicitaria. Un amico mi suggerì che esistevano dei siti che vendevano foto professionali che mi avrebbero permesso di risparmiare tempo. In altre parole, anziché girare video perdendo ore per poi trovarmi con il committente che all'improvviso mi diceva “non va bene, rifallo”, potevo acquistare le immagini, animarle ed arrivare al prodotto finito ad un costo tutto sommato contenuto.
Quella scoperta prolungò di poco l'agonia professionale di quel mio secondo lavoro, perché la rivoluzione produttiva che stava avvenendo non si contrastava riducendo i costi, ma semplicemente cambiando settore. Mi permise però di passare dall'altra parte della barricata in un ambiente che, essendo nuovo, come tutti quelli nati con internet privilegiava i primi arrivati, ovvero quello della vendita online di immagini.
Inizialmente caricai un centinaio di foto e, vendendo subito qualcosa, capii che non era la solita fregatura stile partnership Youtube. Passai subito dopo ai video, cosa che, sempre per il discorso di anticipare gli altri, fu una manna dal cielo perché era proprio il periodo in cui quegli stessi siti stavano lanciando le loro collezioni di stock footage.
Tutt'oggi quell'attività rappresenta il mio principale introito. La procedura è breve: ci si collega, per esempio, a www.pond5.com o www.shutterstock.com, ci si registra gratuitamente, si caricano delle clip dai 5 ai 20 secondi, si descrivono in inglese aggiungendo titoli e parole chiave e si aspetta che i compratori arrivino. Il problema è che se si produce a caso, fidandosi solo del proprio intuito, il conto rimane sempre a zero.
Considerate che i soldi che girano non sono pochi. Il prezzo di vendita per uno spezzone HD su Shutterstock è 79$, il 30% dei quali rimane al produttore (il resto all'Agenzia). Su Pond5 invece si divide tutto a metà, con la possibilità di indicare liberamente che cifra chiedere (nella media 50$). Ovviamente ogni clip può essere venduta un numero illimitato di volte e, in virtù di questo, c'è stato chi con un'inquadratura della Torre Eiffel o del Colosseo ha guadagnato più di 1000$, pur riprendendo con una reflex di livello base. Tutto così semplice?
Assolutamente no. O meglio, dieci anni fa poteva anche esserlo, ma da quando si è sparsa la voce è diventato tutto complicato, a colpi di concorrenza tra produttori (Pond5 ha appena “festeggiato” la cinquemilionesima clip...). Se si interpreta seriamente la professione però si possono superare, studiando e sacrificandosi, le decine di migliaia di videomaker di tutto il mondo che contribuiscono alle varie collezioni. Volete un consiglio prima di provarci?
DIMENTICATEVI DI QUELLO CHE SAPETE E RICOMINCIATE DA CAPO
So quanto difficile sia farlo. Dovete capire che la tecnica è importante, ma passa in secondo piano rispetto alla capacità di interpretare quello che chiede il mercato. Prima di partire vi esorto a fare un giochetto: visto che in molte Agenzie c'è la possibilità di ordinare i contenuti che propongono per quantità di vendite (in base alla parola chiave che si indica), prendetevi una giornata per giochicchiare con il meccanismo. Vi garantisco che rimarrete stupiti di come tutto quello che potete immaginare sia sbagliato.
Non scoraggiatevi però, perché tali stranezze possono essere la vostra forza, visto che partire da un presupposto diverso dagli improvvisati può rappresentare la vostra fortuna. Dopotutto, come ogni business legato ad internet, se fosse così facile ci avrebbe già pensato qualcun altro.
Se volete fare come me ho creato un sito, www.stockfootage.it, dove racconto nei particolari questa storia e dove insegno a tutti gli amanti del video a guadagnare con la loro passione.